Il contesto
L’8 gennaio del 2021, due giorni dopo l’assalto a Capitol Hill da parte di un gruppo di supporter di Trump, Twitter ha chiuso l’account del presidente uscente a causa delle ripetute violazioni del codice di buona condotta a cui sono soggetti tutti gli utenti del servizio. La decisione di Twitter è stata presto seguita da analoghe misure di altre aziende in una corsa al ban di Trump che alcuni hanno valutato tardiva e opportunistica ma che ha cambiato in modo irreversibile il rapporto tra (social) media e potere negli Stati Uniti e, probabilmente, in tutto il mondo occidentale.
La vicenda ha fatto deflagrare due contraddizioni che si sono generate negli ultimi due decenni con lo sviluppo di nuove forme di comunicazione favorite dal digitale:
- la natura dei social network: si tratta di media company con responsabilità editoriali o piattaforme tecnologiche neutre e non responsabili del contenuto che viene prodotto dai loro utenti?
- libertà di espressione e rispetto dei limiti: qual è il confine tra il controllo e la censura dei contenuti e la possibilità delle persone di esprimere liberamente idee e opinioni?
Sul primo punto ci sono diverse evidenze, sia nella prassi che nell’evoluzione legislativa, che portano a ritenere che le piattaforme social siano a tutti gli effetti dei soggetti editoriali. Il secondo punto è più delicato perché intimamente legato ai valori della democrazia e della partecipazione e il problema che solleva non sembra avviato a una facile soluzione. E’ probabile che il tema rimarrà controverso per diverso tempo.
La ricerca
Un’indagine di Human Highway condotta su 1.000 intervistati a luglio 2021 ha rilevato che quasi 6 italiani maggiorenni su 10 dichiarano di ricordare bene gli avvenimenti di quei giorni e 8 su 10 ricordano di averli seguiti con attenzione. A distanza di più di sei mesi, gli echi di quella vicenda sono quindi ancora forti e la valutazione dei fatti divide l’opinione pubblica in due segmenti di dimensioni molto simili.
Analizzando il grado di accordo che le persone esprimono su nove affermazioni, si nota che queste tendono a fattorializzarsi in due atteggiamenti di fondo: il 45% pensano che i Social debbano ritenersi responsabili del contenuto che pubblicano mentre il segmento complementare, composto dal restante 55% della popolazione, è orientato verso la posizione opposta.
Si tratta di due cluster all’interno dei quali le singole posizioni sono ovviamente molto sfumate e presentano un continuo di sensibilità tra i due estremi. L’analisi indica, tuttavia, che dalla valutazione sulla responsabilità editoriale dei Social dipende una buona parte della rilettura della vicenda e del giudizio sugli avvenimenti di Capitol Hill, inclusa le conseguenza della chiusura degli account di Trump.
E, infatti, la risposta alla domanda sulla possibilità di riabilitazione degli account Social di Trump conferma l’esistenza di una sensibilità molto diversa tra i due cluster. Nel cluster in cui prevale il diritto alla libertà di espressione rispetto ai doveri editoriali dei Social il 40% degli individui affermano che, se potessero, riabiliterebbero gli account di Trump. Nel cluster complementare, formato da persone che riconoscono la natura editoriale dei Social, la percentuale dei favorevoli alla riabilitazione si limita al 10%.
Le conclusioni
La sola dimensione legata al ruolo dei Social polarizza i giudizi e spiega le diverse posizioni sulla vicenda di Capitol Hill. Questo non significa però che il disaccordo sia insanabile e non si possa trovare un terreno di confronto.
Ci sono due voci sulle quali i due Cluster si trovano sostanzialmente d’accordo: i Social devono “difendere la libertà di espressione, che termina dove inizia l’offesa e la violenza” e, in misura ancora maggiore, che quello appena trattato “è un problema molto complicato che ci porteremo dietro per tanti anni”.
In sostanza, c’è consapevolezza del fatto che una voce importante nell’agenda politica di questo decennio è rivedere l’assetto dei poteri in democrazia in conseguenza della diffusione delle tecnologie digitali per la comunicazione.